D'accordo anch'io sul fatto che non vi sia alcuna responsabilità del notaio che non era tenuto a richiedere il c.p.i. per la vendita del box né a farne menzione in atto, potendosi quest'ultimo stipulare senza alcun riferimento ad esso. La responsabilità dunque è interamente del venditore. Dal mio punto di vista, nel caso di specie, si configura quello che, in giurisprudenza, viene definito un caso di "aliud pro alio", che ricorre allorché la cosa sia totalmente differente rispetto a quella dovuta e si tratti di una differenza rilevante nell'economia del contatto, ovvero quando si tratti di cosa appartenente ad un diverso genere di quella venduta, ovvero ancora, come nel caso di specie, la cosa consegnata rispetto a quella che ha formato oggetto dell'accordo di vendita, risulti priva delle caratteristiche o qualità necessarie alla sua naturale funzione economico-sociale. Ora, è questo il caso di specie, tanto che si precisa che il box non può essere utilizzato come autorimessa in quanto privo del c.p.i. In questi casi non si ha nullità dell'atto (le nullità di un contratto sono tassative per legge), ma si può agire legalmente per la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, in base alla generale previsione di cui all'art. 1453 codice civile, senza dunque soggiacere ci termini di decadenza (necessità di denunzia dei vizi entro 8 giorni dalla scoperta) e di prescrizione (un anno dalla consegna) previsti dall'art.1495 c.c., con specifico riguardo alla disciplina della compravendita. Ciò significa che ci si può giovare del più lungo termine decennale di prescrizione per richiedere la risoluzione del contratto. Ove, tuttavia, non si abbia interesse ad ottenere detta risoluzione, si può, in alternativa, richiedere "l'esatto adempimento", ovvero si può pretendere, anche attraverso azione legale, che il venditore sia tenuto a consegnare l'ESATTA COSA che formò l'oggetto del contratto di vendita. In altri termini, nel caso di specie, si può pretendere che il venditore fornisca a sue cura e spese il c.p.i.